allenamento: cosa devi sapere
L'esercizio fisico è in grado di indurre profondi cambiamenti nell'organismo umano; riuscire a valutare e pilotarne gli effetti, per lo meno quelli che investono la sfera bio-meccanica, è di estrema importanza affinché esso venga indirizzato nella maniera corretta in un preciso campo delle attività motorie.
Nel campo sportivo, ad esempio, l'esercizio fisico comporta un impegno muscolare intenso in modo da rendere l'organismo più recettivo ad una somministrazione periodica degli stimoli allenanti, affinché possa adattarsi a carichi sempre più intensi e quindi produrre una performance sempre più elevata; nel campo riabilitativo, invece, il processo di rieducazione, può essere inteso come il riadattamento ad un lavoro svolto precedentemente con il riconsolidamento completo della piena sinergia dei grandi sistemi organici impegnati nell'attività motoria.
Ambedue i casi richiedono un impegno ripetitivo, deve seguire scrupolosamente certe regole ben precise quali le leggi della teoria dell'allenamento, scaturite dalla conoscenza di quella catena di risposte fisiologiche che l'organismo oppone a stimoli esterni, definita da Selye come Sindrome generale di adattamento
L'intervento ormonale
Da T. Lucherini, C. Cervini: Medicina dello sport, Società Editrice Universo, Roma, 1960, 630-631, a proposito dei risultati fatti registrare alle Olimpiadi di Roma nel 1960 si riporta: ... rimasti stazionari per lungo tempo e limitati esclusivamente al già citato campo della costituzionalistica, gli studi sui rapporti tra ormoni e sport -alla stessa stregua che gli studi sui rapporti tra ormoni e altre branche della fisiopatologia e della medicina - hanno subito un cospicuo impulso solo dopo che Selye rendeva note le sue ricerche e le sue teorie sulla così detta "Sindrome generale di adattamento" ... che .... costituisce la base sulla quale ancor oggi viene essenzialmente interpretato il meccanismo con cui l'individuo in via aspecifica si difende e, quindi, si adatta all'azione dei fattori alternativi del più svariato genere. Tra questi fattori alterativi Selye e gli altri AA. che successivamente se ne sono occupati hanno incluso - oltre agli agenti fisici, chimici, batterici - anche il lavoro muscolare, il lavoro intellettuale, la tensione emozionale, le variazioni di temperatura, ecc..
Già nella seconda decade di questo secolo erano stati iniziati studi sulla adattabilità degli organismi viventi, ivi compreso l'uomo, alle varie perturbazioni esteriori ed anteriori (agenti alterativi o 'stress') che su di essi esercitano la loro influenza. Selye ha avuto il merito di definire in maniera chiara e schematica - apportandovi il contributo di numerose ed originali ricerche personali - il meccanismo ormonale che permette il realizzarsi di questo adattamento.
I fondamenti essenziali di tale nuova concezione possono essere così sinteticamente espressi:
1) Nell'adattamento degli organismi all'azione dei vari fattori alterativi esogeni ed endocrini si realizzerebbero due tipi di complesse reazioni, di cui uno specifico (esempio: ipertrofia dei muscoli nel lavoro muscolare, formazione di anticorpi nelle infezioni batteriche, ecc.) e l'altro aspecifico: quest'ultimo, pur nella sua proteiformità, sarebbe praticamente lo stesso qualunque sia l'agente alterativo che lo provoca.
2) Il meccanismo con cui si stabilirebbe il complesso delle reazioni aspecifiche che permettono all'organismo di difendersi e di adattarsi, sarebbe sempre lo stesso qualunque sia il tipo di alterativo che lo provoca: esso consisterebbe essenzialmente in un'aumentata produzione di corticoidi (specie glicocorticoidi) da parte della corteccia surrenale, fenomeno questo mediato tramite una aumentata produzione iperfasica di ormone corticotropo (ACTH).
3) La dizione 'sindrome generale di adattamento', con cui viene espressa la somma di queste reazioni aspecifiche, porterebbe pertanto in se un significato finalistico, che sarebbe quello di permettere all' organismo di "adattarsi" ai diversi fattori alterativi, si da poterli sopportare e superare. Base essenziale di questa adattabilità aspecifica è una normalità di funzione dell'asse ipofiso-corticosurrenalico, in quanto i fenomeni peculiari non si verificano se il corticosurrene manca o se l'ipofisi non è in grado di stimolare il corticosurrene mediante il suo ormone corticotropo.
L'attività sportiva è uno stress
T. Lucherini, C. Cervini: Medicina dello sport, Società Editrice Universo, Roma, 1960, 641-642, riporta:
Una delle evenienze più gravi per uno sportivo è lo scarso rendimento che può manifestarsi lentamente ed avere una durata più o meno lunga ( come per i giocatori di calcio, alle volte di una intera squadra ), o manifestarsi invece, in maniera acuta (come ad esempio le "crisi" o "cotte" del corridore ciclista o del podista) si da costringere all' interruzione della prestazione. Allo stato attuale dalle conoscenze, a parte l'intervento di altri fattori (di ordine fisico, psichico, neurovegetatívo, in rapporto all'uso inconsulto di eccitanti, ecc.), sembra che notevole peso abbia nella genesi di questi fenomeni una insufficiente funzione del corticosurrene, come denunciato sia dai dati di laboratorio precedentemente riferiti, sia dalla scarsa risposta della ghiandola alla stimolazione esogena con ACTH sia dalla sintomatologia strettamente affine a quella della insufficienza surrenale vera e delle insufficienze surrenali cosi dette "sub-cliniche" o "fruste"; facile stancabilità, astenia, ipotensione, turbe gastroenteriche, ritardo nel recupero del peso perduto durante la prova, alle volte - anche se raramente - collasso e stato di shock.
Se questi episodi - acuti o di lunga durata - di scarso rendimento riconoscono come uno dei fattori della loro genesi un' insufficienza corticosurrenale si pone logicamente la questione:
A) della possibilità di prevenirli con l'impegno di ormoni;
B) della convenienza di curarli con ormoni ed eventualmente;
C) del come curarli con ormoni...
E' mia opinione che le forme in parola, che spesso rasentano o fanno chiara parte della patologia, debbano andare di regola trattate con gli usuali mezzi che ha a disposizione la medicina sportiva: riposo, miglioramento dell'allenamento, cure climatiche, regolare alimentazione, tonici, sedativi, ecc...
L'impiego degli ormoni deve invece essere limitato - e sempre insieme con le predette misure - solo a particolari casi, e cioè quando vi siano condizioni di gravità o di acuzie o quando il miglioramento non intervenga in periodi di tempo ragionevole o quando, infine, necessita particolari che richiedano una pronta ripresa di forma dello sportivo.
Le risposte aspecifiche - i fenomeni molto pronunciati di contro-shock
Analizzando più a fondo quanto sopra riportato, si capisce come l'organismo tende a mantenere integra, entro lievi oscillazioni, la propria struttura funzionale in risposta agli stimoli (stress) dell'ambiente in cui vive (temperatura, malattie, traumi, attività muscolare, ecc.).
Per mantenere il suo equilibrio interiore, le reazioni sistemiche aspecifiche si manifestano secondo una risposta che si articola sempre nella successione di tre fasi:
FASE DI SHOCK - (insufficienza corticosurrenale acuta) nella quale l'organismo subisce passivamente l'azione dell'agente stressante manifestando palore e sudorazione fredda, debolezza muscolare, tachicardia, ipotensione, ipovolemia, emoconcentrazione, ipoglicemia, ipocloremia, iperpotassiemia, ecc.;
FASE DI CONTROSHOCK e DI RESISTENZA - (risposta corticosurrenale) nella quale l'organismo mobilita le sue difese tendendo ad aumentare la sua resistenza con la normalizzazione del volume e della pressione del sangue, la caduta dell'ematocrito, l'elevazione della glicemia, l'aumento dell'escrezione dell'azoto, l'aumento dei leucociti, la caduta dei linfociti e dei eosinofili, ecc.
In questa fase le reazioni dell'organismo sorpassano il reale bisogno di compensazione;
FASE DI ESAURIMENTO - (esaurimento cortico surrenale) nella quale l'organismo soccombe agli agenti dannosi; essa può comparire più o meno tardivamente in rapporto alle capacità di risposta dell'organismo stesso e all'intensità dello stress.
La fase di esaurimento può anche mancare qualora lo stress si esaurisca in tempo utile, come avviene, nell'attività sportiva.
Secondo Selye, l'attività muscolare è uno "stress" che provoca un periodo di shock molto breve e debole, seguito da fenomeni molto pronunciati di contro-shock che, come già esposto, amplificano la risposta compensativa. Gli agenti stressanti, basati sull'esercizio fisico hanno un indirizzo molto mirato e preciso, in base alla specificità della disciplina praticata e quindi impegnano molto settorialmente tutto il meccanismo di risposta.
d. Le reazioni specifiche - l'effetto di sommazione
In base al tipo di stimolo viene attivata una precisa risposta che permette all'organismo di reagire con specificità all'evento stressante: è l'asse ipofiso-corticosurrenalico che attiva il meccanismo di adattamento specifico ormonale e funzionale: ad esempio la termoregolazione se lo stress è determinato dal passaggio da un clima all'altro, l'aumento delle difese immunitarie se la causa stressante è un'infezione, l'aumento della massa muscolare se l'organismo compie un impegnativo lavoro meccanico, ecc..
In tutti i casi, in base alla specificità dello stress la risposta organica, viene ripagata con un livello maggiore speso per resistere e rispondere allo stress.
Riferendosi al lavoro muscolare, possiamo dire che esso attiva la funzionalità dell'asse ipofiso-corticosurrenalico che a sua volta attiva (sempre su base ormonale) il sistema muscolare ed il processo energetico più appropriato per poter protrarre il lavoro fino al suo compimento.
Finito il lavoro, nella fase di recupero, l'organismo ristabilisce in maniera autonoma ed in quantità superiore a quanto speso nel lavoro stesso (supercompensazione), in previsione di un impegno successivo e più gravoso.
La ripetizione dello stress, qualora l'organismo ne conservi il ricordo, tende a potenziare una precisa funzione biologica con effetto di sommazione sulla base della risposta ormonale fisiologica attivata dalla specifica azione stressoria (motoria)
In quest'ultimo concetto, che andremo ad approfondire, esiste il bivio tra i principali metodi utilizzati per elevare la capacità organica:
-programmando l'allenamento in maniera organizzata sfruttando i principi dell'adattamento;
-sfruttando l'intervento esogeno di sostanze farmaologiche a base ormonale.
In tutti due i casi, comunque, si tende ad aumentare la potenzialità del sistema ormonale che sta alla base del lavoro muscolare.
La differenza consiste:
-nel primo caso, nell'elevarla in maniera naturale, imponendo all'organismo degli stress (esercizi o stimolo) con carico crescente ed articolati in maniera organizzata e ciclica, in modo da sfruttare l'effetto della supercompensazione,
-nel secondo caso, tale aumento è demandato all'utilizzo di sostanze definite "dopanti" per via esogena.
Tralasciando (e condannando) questa seconda strada, possiamo analizzare le basi fisiologiche ed organizzative sulle quali impostare l'allenamento
Nel campo sportivo, ad esempio, l'esercizio fisico comporta un impegno muscolare intenso in modo da rendere l'organismo più recettivo ad una somministrazione periodica degli stimoli allenanti, affinché possa adattarsi a carichi sempre più intensi e quindi produrre una performance sempre più elevata; nel campo riabilitativo, invece, il processo di rieducazione, può essere inteso come il riadattamento ad un lavoro svolto precedentemente con il riconsolidamento completo della piena sinergia dei grandi sistemi organici impegnati nell'attività motoria.
Ambedue i casi richiedono un impegno ripetitivo, deve seguire scrupolosamente certe regole ben precise quali le leggi della teoria dell'allenamento, scaturite dalla conoscenza di quella catena di risposte fisiologiche che l'organismo oppone a stimoli esterni, definita da Selye come Sindrome generale di adattamento
L'intervento ormonale
Da T. Lucherini, C. Cervini: Medicina dello sport, Società Editrice Universo, Roma, 1960, 630-631, a proposito dei risultati fatti registrare alle Olimpiadi di Roma nel 1960 si riporta: ... rimasti stazionari per lungo tempo e limitati esclusivamente al già citato campo della costituzionalistica, gli studi sui rapporti tra ormoni e sport -alla stessa stregua che gli studi sui rapporti tra ormoni e altre branche della fisiopatologia e della medicina - hanno subito un cospicuo impulso solo dopo che Selye rendeva note le sue ricerche e le sue teorie sulla così detta "Sindrome generale di adattamento" ... che .... costituisce la base sulla quale ancor oggi viene essenzialmente interpretato il meccanismo con cui l'individuo in via aspecifica si difende e, quindi, si adatta all'azione dei fattori alternativi del più svariato genere. Tra questi fattori alterativi Selye e gli altri AA. che successivamente se ne sono occupati hanno incluso - oltre agli agenti fisici, chimici, batterici - anche il lavoro muscolare, il lavoro intellettuale, la tensione emozionale, le variazioni di temperatura, ecc..
Già nella seconda decade di questo secolo erano stati iniziati studi sulla adattabilità degli organismi viventi, ivi compreso l'uomo, alle varie perturbazioni esteriori ed anteriori (agenti alterativi o 'stress') che su di essi esercitano la loro influenza. Selye ha avuto il merito di definire in maniera chiara e schematica - apportandovi il contributo di numerose ed originali ricerche personali - il meccanismo ormonale che permette il realizzarsi di questo adattamento.
I fondamenti essenziali di tale nuova concezione possono essere così sinteticamente espressi:
1) Nell'adattamento degli organismi all'azione dei vari fattori alterativi esogeni ed endocrini si realizzerebbero due tipi di complesse reazioni, di cui uno specifico (esempio: ipertrofia dei muscoli nel lavoro muscolare, formazione di anticorpi nelle infezioni batteriche, ecc.) e l'altro aspecifico: quest'ultimo, pur nella sua proteiformità, sarebbe praticamente lo stesso qualunque sia l'agente alterativo che lo provoca.
2) Il meccanismo con cui si stabilirebbe il complesso delle reazioni aspecifiche che permettono all'organismo di difendersi e di adattarsi, sarebbe sempre lo stesso qualunque sia il tipo di alterativo che lo provoca: esso consisterebbe essenzialmente in un'aumentata produzione di corticoidi (specie glicocorticoidi) da parte della corteccia surrenale, fenomeno questo mediato tramite una aumentata produzione iperfasica di ormone corticotropo (ACTH).
3) La dizione 'sindrome generale di adattamento', con cui viene espressa la somma di queste reazioni aspecifiche, porterebbe pertanto in se un significato finalistico, che sarebbe quello di permettere all' organismo di "adattarsi" ai diversi fattori alterativi, si da poterli sopportare e superare. Base essenziale di questa adattabilità aspecifica è una normalità di funzione dell'asse ipofiso-corticosurrenalico, in quanto i fenomeni peculiari non si verificano se il corticosurrene manca o se l'ipofisi non è in grado di stimolare il corticosurrene mediante il suo ormone corticotropo.
L'attività sportiva è uno stress
T. Lucherini, C. Cervini: Medicina dello sport, Società Editrice Universo, Roma, 1960, 641-642, riporta:
Una delle evenienze più gravi per uno sportivo è lo scarso rendimento che può manifestarsi lentamente ed avere una durata più o meno lunga ( come per i giocatori di calcio, alle volte di una intera squadra ), o manifestarsi invece, in maniera acuta (come ad esempio le "crisi" o "cotte" del corridore ciclista o del podista) si da costringere all' interruzione della prestazione. Allo stato attuale dalle conoscenze, a parte l'intervento di altri fattori (di ordine fisico, psichico, neurovegetatívo, in rapporto all'uso inconsulto di eccitanti, ecc.), sembra che notevole peso abbia nella genesi di questi fenomeni una insufficiente funzione del corticosurrene, come denunciato sia dai dati di laboratorio precedentemente riferiti, sia dalla scarsa risposta della ghiandola alla stimolazione esogena con ACTH sia dalla sintomatologia strettamente affine a quella della insufficienza surrenale vera e delle insufficienze surrenali cosi dette "sub-cliniche" o "fruste"; facile stancabilità, astenia, ipotensione, turbe gastroenteriche, ritardo nel recupero del peso perduto durante la prova, alle volte - anche se raramente - collasso e stato di shock.
Se questi episodi - acuti o di lunga durata - di scarso rendimento riconoscono come uno dei fattori della loro genesi un' insufficienza corticosurrenale si pone logicamente la questione:
A) della possibilità di prevenirli con l'impegno di ormoni;
B) della convenienza di curarli con ormoni ed eventualmente;
C) del come curarli con ormoni...
E' mia opinione che le forme in parola, che spesso rasentano o fanno chiara parte della patologia, debbano andare di regola trattate con gli usuali mezzi che ha a disposizione la medicina sportiva: riposo, miglioramento dell'allenamento, cure climatiche, regolare alimentazione, tonici, sedativi, ecc...
L'impiego degli ormoni deve invece essere limitato - e sempre insieme con le predette misure - solo a particolari casi, e cioè quando vi siano condizioni di gravità o di acuzie o quando il miglioramento non intervenga in periodi di tempo ragionevole o quando, infine, necessita particolari che richiedano una pronta ripresa di forma dello sportivo.
Le risposte aspecifiche - i fenomeni molto pronunciati di contro-shock
Analizzando più a fondo quanto sopra riportato, si capisce come l'organismo tende a mantenere integra, entro lievi oscillazioni, la propria struttura funzionale in risposta agli stimoli (stress) dell'ambiente in cui vive (temperatura, malattie, traumi, attività muscolare, ecc.).
Per mantenere il suo equilibrio interiore, le reazioni sistemiche aspecifiche si manifestano secondo una risposta che si articola sempre nella successione di tre fasi:
FASE DI SHOCK - (insufficienza corticosurrenale acuta) nella quale l'organismo subisce passivamente l'azione dell'agente stressante manifestando palore e sudorazione fredda, debolezza muscolare, tachicardia, ipotensione, ipovolemia, emoconcentrazione, ipoglicemia, ipocloremia, iperpotassiemia, ecc.;
FASE DI CONTROSHOCK e DI RESISTENZA - (risposta corticosurrenale) nella quale l'organismo mobilita le sue difese tendendo ad aumentare la sua resistenza con la normalizzazione del volume e della pressione del sangue, la caduta dell'ematocrito, l'elevazione della glicemia, l'aumento dell'escrezione dell'azoto, l'aumento dei leucociti, la caduta dei linfociti e dei eosinofili, ecc.
In questa fase le reazioni dell'organismo sorpassano il reale bisogno di compensazione;
FASE DI ESAURIMENTO - (esaurimento cortico surrenale) nella quale l'organismo soccombe agli agenti dannosi; essa può comparire più o meno tardivamente in rapporto alle capacità di risposta dell'organismo stesso e all'intensità dello stress.
La fase di esaurimento può anche mancare qualora lo stress si esaurisca in tempo utile, come avviene, nell'attività sportiva.
Secondo Selye, l'attività muscolare è uno "stress" che provoca un periodo di shock molto breve e debole, seguito da fenomeni molto pronunciati di contro-shock che, come già esposto, amplificano la risposta compensativa. Gli agenti stressanti, basati sull'esercizio fisico hanno un indirizzo molto mirato e preciso, in base alla specificità della disciplina praticata e quindi impegnano molto settorialmente tutto il meccanismo di risposta.
d. Le reazioni specifiche - l'effetto di sommazione
In base al tipo di stimolo viene attivata una precisa risposta che permette all'organismo di reagire con specificità all'evento stressante: è l'asse ipofiso-corticosurrenalico che attiva il meccanismo di adattamento specifico ormonale e funzionale: ad esempio la termoregolazione se lo stress è determinato dal passaggio da un clima all'altro, l'aumento delle difese immunitarie se la causa stressante è un'infezione, l'aumento della massa muscolare se l'organismo compie un impegnativo lavoro meccanico, ecc..
In tutti i casi, in base alla specificità dello stress la risposta organica, viene ripagata con un livello maggiore speso per resistere e rispondere allo stress.
Riferendosi al lavoro muscolare, possiamo dire che esso attiva la funzionalità dell'asse ipofiso-corticosurrenalico che a sua volta attiva (sempre su base ormonale) il sistema muscolare ed il processo energetico più appropriato per poter protrarre il lavoro fino al suo compimento.
Finito il lavoro, nella fase di recupero, l'organismo ristabilisce in maniera autonoma ed in quantità superiore a quanto speso nel lavoro stesso (supercompensazione), in previsione di un impegno successivo e più gravoso.
La ripetizione dello stress, qualora l'organismo ne conservi il ricordo, tende a potenziare una precisa funzione biologica con effetto di sommazione sulla base della risposta ormonale fisiologica attivata dalla specifica azione stressoria (motoria)
In quest'ultimo concetto, che andremo ad approfondire, esiste il bivio tra i principali metodi utilizzati per elevare la capacità organica:
-programmando l'allenamento in maniera organizzata sfruttando i principi dell'adattamento;
-sfruttando l'intervento esogeno di sostanze farmaologiche a base ormonale.
In tutti due i casi, comunque, si tende ad aumentare la potenzialità del sistema ormonale che sta alla base del lavoro muscolare.
La differenza consiste:
-nel primo caso, nell'elevarla in maniera naturale, imponendo all'organismo degli stress (esercizi o stimolo) con carico crescente ed articolati in maniera organizzata e ciclica, in modo da sfruttare l'effetto della supercompensazione,
-nel secondo caso, tale aumento è demandato all'utilizzo di sostanze definite "dopanti" per via esogena.
Tralasciando (e condannando) questa seconda strada, possiamo analizzare le basi fisiologiche ed organizzative sulle quali impostare l'allenamento